mercoledì 30 dicembre 2015

Quinto Potere - Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!

Un grande cineasta, Sidney Lumet (Filadelfia, 25 giugno 1924 - New York, 9 aprile 2011). Mezzo secolo di brillante carriera, notevole abilità nel dirigere grandi star, film diversi, sempre strepitosi e "impegnati": da "La parola ai giurati" (1957) a "Onora il padre e la madre" (2007), passando per "Pelle di serpente" (1960), "L'uomo del banco dei pegni" (1964), "Serpico" (1973), "Assassinio sull'Orient-Express" (1974), "Quel pomeriggio di un giorno da cani" (1975), "Quinto potere" (1976), per citarne alcuni, certo fra i migliori, e di successo.
Proprio da "Quinto potere", feroce parodia del MONDO TELEVISIVO già perfettamente avviato a trasformarsi in quel «cinico, amorale, gigantesco sistema di creazione, manipolazione e gestione del consenso» che è divenuto oggi - siamo ben oltre il "potere della stampa" denunciato da Orson Welles nel suo pur geniale "Quarto potere" (1941) -, è tratta la sequenza che qui presentiamo. È il celeberrimo monologo "apocalittico" di Howard Beale (uno strepitoso Peter Finch, non a caso premiato con l'Oscar), commentatore televisivo stanco e sfiduciato della UBS di Los Angeles, passato dal pianificato e sventato suicidio in diretta all'apice degli indici di ascolto, grazie all'abilità senza scrupoli della giovane e rampante responsabile dei programmi, Diana Christensen (Faye Dunaway, anch'essa premiata con l'Oscar), che lo ha rapidamente trasformato in un invasato, seguitissimo "profeta dell'etere". Come sappiamo, nonostante i vari tentativi di "re-indirizzarlo", lo show di Beale subisce un lento e inesorabile declino, ragion per cui, prima del prevedibile, totale crollo dello share, Diana e gli altri responsabili della rete decidono di eliminare il conduttore "in diretta televisiva", servendosi di alcuni componenti di un gruppo terroristico specializzato in rapine e rapimenti, a loro volta già "scritturati" per mostrare, sempre in diretta, le loro imprese criminali. Fantastico il commento finale della voce fuori campo, la stessa che ha accompagnato con discrezione l'intero svolgersi del film: «Questa è la storia di Howard Beale, il primo caso conosciuto di un uomo che fu ucciso perché aveva un basso indice di ascolto.»
Qualcuno ha detto che tale commento "sdrammatizza la situazione, conferendo all'ultimo momento alla vicenda un'aura di presa in giro." Forse. Le "serie questioni fondamentali sottese all'opera", però, restano tutte sul tappeto, a maggior ragione oggi, alla luce delle GRANDI CONCENTRAZIONI DI MEDIA NELLE MANI DI "POCHI GRUPPI DI POTERE", IMPRENDITORIALI O POLITICI POCO IMPORTA! (ma su ciò avremo modo di tornare in altra sede). D'altra parte, nel nostro Paese è ancora fresca l'eco di un cosiddetto "editto bulgaro", che qualche tempo fa ha "soppresso" (non "fisicamente" certo, epperò non meno "realmente"!) in un sol colpo "alcuni celebri show e i relativi conduttori". E, ironia della sorte, nient'affatto perchè conseguissero "bassi indici di ascolto", tutt'altro!... Piuttosto, DISTURBAVANO PALESEMENTE «I MANOVRATORI DI TURNO»! 

Nessun commento:

Posta un commento