Peter Weir, come abbiamo già avuto modo di dire, è un grandissimo
regista animato da una profonda e precisa "poetica". Ciò non toglie che
egli ci abbia lasciato una serie di indiscutibili capolavori molto
diversi l'uno dall'altro quanto a tematiche ed ambientazioni, mostrando
inoltre, come tutti i grandi, di saper agilmente piegare i "generi" alle
proprie 'esigenze espressive'. Emblematico in tal senso uno dei suoi
primi film, di cui proponiamo qui una efficacissima 'epitome': "L'ultima
onda", realizzato nel 1977. Singolare e riuscitissima commistione fra
racconto di fantascienza in chiave apocalittica, trattato
socio-antropologico e saggio di psicologia analitica di sapore
junghiano, l'opera, un meccanismo perfetto sotto il profilo 'formale',
mantiene inalterato tutto il suo fascino e la sua 'attualità'. Gli
sconvolgimenti climatici e ambientali che d'improvviso affliggono la
città di Sydney sembrano trovare un corrispettivo, un qualche puntuale
riflesso nella mente e nell'animo di David Burton (Richard Chamberlain),
un avvocato che ha accettato di difendere un gruppo di aborigeni
accusati di omicidio. Nel corso delle sue indagini per il processo,
David finisce per subire il fascino della millenaria e misteriosa
cultura aborigena, intrisa di pratiche magico-religiose e di un sacrale
rispetto per Madre Natura: visioni oniriche sempre più terribili si
sovrappongono e si mescolano con perturbanti sogni della sua infanzia, e
quando tramite uno degli imputati attinge i segreti e le implicazioni
di una concezione ciclica del tempo, egli prova l'oscura quanto
angosciosa sensazione di essere lui stesso un "mulkurul", il messaggero
che periodicamente annuncia la fine del mondo. Ma, perduta la causa,
David ha appena il tempo di scoprire, in un antico santuario, i segni
premonitori dell'imminente apocalisse: un'onda gigantesca sommerge
tutto.
C'è un testo formidabile, che ho avuto la fortuna di incrociare e studiare a fondo fin da giovane. S'intitola "Dialettica dell'illuminismo", ed è stato scritto a quattro mani, nel 1947 (!), dai due esponenti più autorevoli della cosiddetta "Scuola di Francoforte": Max Horkheimer e Theodor W. Adorno. Non so se Peter Weir l'abbia mai conosciuto, ma eccone qui l'epitome: IL DOMINIO INCONTROLLATO DELLA «RAGIONE STRUMENTALE» SULLA «NATURA ESTERNA E INTERNA AGLI ESSERI UMANI» SI RIVELA FOLLE E SUICIDA; FINISCE, INFATTI, FATALMENTE, NELLA «BARBARIE SOCIO-CULTURALE» E NELLA «CATASTROFE ECOLOGICA»!
C'è un testo formidabile, che ho avuto la fortuna di incrociare e studiare a fondo fin da giovane. S'intitola "Dialettica dell'illuminismo", ed è stato scritto a quattro mani, nel 1947 (!), dai due esponenti più autorevoli della cosiddetta "Scuola di Francoforte": Max Horkheimer e Theodor W. Adorno. Non so se Peter Weir l'abbia mai conosciuto, ma eccone qui l'epitome: IL DOMINIO INCONTROLLATO DELLA «RAGIONE STRUMENTALE» SULLA «NATURA ESTERNA E INTERNA AGLI ESSERI UMANI» SI RIVELA FOLLE E SUICIDA; FINISCE, INFATTI, FATALMENTE, NELLA «BARBARIE SOCIO-CULTURALE» E NELLA «CATASTROFE ECOLOGICA»!
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