domenica 27 ottobre 2019

«DOMINIO E SOTTOMISSIONE DALLE ORIGINI AL FUTURO PROSSIMO»!!!

Remo Bodei, "Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale", Il Mulino 2019

Presentazione
«Se, parafrasando il Vangelo di Giovanni, il logos (il Verbum o la Parola) non si è fatto carne ma macchina, e se lo spirito soffia ormai anche sul non vivente, quali saranno le decisive trasformazioni cui andremo incontro? Quali sfide porrà la coabitazione tra Intelligenza Artificiale e intelligenza umana?»

«Dominio e sottomissione sono i due termini di un rapporto di potere fortemente asimmetrico che innerva la storia dell'umanità e che nella civiltà occidentale ha conosciuto numerose metamorfosi. Di questa vicenda millenaria Remo Bodei offre qui una magistrale ricostruzione, mettendo a fuoco alcuni momenti esemplari e sempre soffermandosi sulle teorie filosofiche che hanno plasmato i nostri modi di pensare, sentire, agire, e sulle implicazioni antropologiche, politiche e culturali connesse ai cambiamenti. A partire dalla tradizione antica della schiavitù che trova in Aristotele la sua più potente legittimazione, il racconto si snoda lungo i secoli per concentrarsi sull'evoluzione delle macchine chiamate a sottrarre il lavoro umano prima agli sforzi fisici più pesanti, poi a quelli mentali più impegnativi. Un processo che continua oggi con i prodigiosi sviluppi dei robot e degli apparecchi dotati di Intelligenza Artificiale o, detto altrimenti, con il trasferimento extracorporeo di facoltà umane come l'intelligenza e la volontà, e il loro insediamento in dispositivi autonomi.»



mercoledì 23 ottobre 2019

«ECONOMIA COME IDEOLOGIA»!!!

Jean-Paul Fitoussi, La neolingua dell'economia ovvero come dire a un malato che è in buona salute, Einaudi 2019

Presentazione 

«N come Neolingua dell'economia. Una lingua surreale denunciata da Fitoussi in questo libro. Una lingua che ormai parliamo tutti e che ha scarsi contatti con la realtà che vogliamo spiegare.»

«Questo libro nasce da una contraddizione: le parole piú semplici di cui credevamo di conoscere a perfezione il significato ora ci sfuggono. Altro che le élite, è il linguaggio che ci prende in giro. 1984 è finalmente arrivato, con un po' di ritardo! Tutti ormai parliamo questa lingua impoverita e condivisa, con scarsi contatti con la realtà. Invece di controllare il linguaggio, siamo noi a esserne controllati. Lo stesso discorso si applica all'unica grammatica che ottiene consenso in economia, quella legata all' homo oeconomicus . Il procedimento è questo: inventiamo un linguaggio basato su una teoria immaginaria e ce ne serviamo per piegare la realtà ai nostri bisogni, per limitare la nostra comprensione al frammento piú improbabile del reale. Per esempio esaltiamo la concorrenza perché efficace o vantaggiosa per il consumatore, ma senza dire che potrebbe essere disastrosa per il produttore, né che le forme piú comuni del mercato sono degli oligopoli (se non dei monopoli) ancora peggiori per il lavoratore.»
 
 

JEREMY RIFKIN: UNA «RIVOLUZIONE GLOBALE»!!!

Jeremy Rifkin, Un green new deal globale. Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l'audace piano economico per salvare la Terra, Mondadori 2019

Presentazione

«Vivere dei giacimenti di combustibili fossili per oltre due secoli ci ha indotto erroneamente a immaginarci un futuro senza fine. Ora il conto è arrivato ed è il cambiamento climatico. Davanti a noi, adesso, c'è l'età della resilienza»

«Una nuova visione sul futuro dell'umanità sta rapidamente guadagnando slancio. Di fronte a un'emergenza climatica planetaria, una giovane generazione sta promuovendo un dibattito sull'ipotesi di un Green New Deal e dettando il programma di un audace movimento politico capace di rivoluzionare la società. Sono i Millennial a farsi carico del problema del cambiamento climatico. Se il Green New Deal è diventato un tema fondamentale nella sfera politica, nel mondo delle imprese sta emergendo un movimento parallelo che nei prossimi anni scuoterà le fondamenta dell'economia globale. Settori chiave dell'economia si stanno prontamente sganciando dai combustibili fossili a favore dell'energia solare ed eolica, più a buon mercato e accompagnate da nuove opportunità di business e occupazione. Nuovi studi stanno suonando l'allarme: migliaia di miliardi di dollari in combustibili fossili per i quali non esiste più un mercato potrebbero creare una bolla suscettibile di scoppiare entro il 2028, provocando il crollo della civiltà dei combustibili fossili. Il mercato sta parlando e i governi, se vogliono sopravvivere e prosperare, dovranno adattarsi. In questo libro Jeremy Rifkin, autore bestseller del «New York Times» e famoso teorico dell'economia, espone il pensiero politico e il piano economico per il Green New Deal di cui abbiamo bisogno in questo momento critico. La convergenza fra la bolla dei combustibili fossili fuori mercato e una visione politica verde apre la possibilità di un passaggio a un'era ecologica post carbonio, in tempo per prevenire l'aumento della temperatura che ci farebbe superare il limite oltre il quale tornare indietro diverrebbe impossibile. Con venticinque anni di esperienza nel promuovere cambiamenti simili a questo nell'Unione europea e nella Repubblica popolare cinese, Rifkin presenta la sua visione su come rivoluzionare l'economia globale e salvare la vita sulla Terra.»
 
 

 

domenica 20 ottobre 2019

A PROPOSITO DI «POPULISMO»!!!

Bartolomeo Sorge, Perché il populismo fa male al popolo. Le deviazioni della democrazia e l'antidoto del «popolarismo», Edizioni Terra Santa 2019


Presentazione
 
«L'equivoco di fondo del populismo sta nel ritenere che la maggioranza parlamentare si identifichi con il popolo tutto intero, legittimando il comportamento trasgressivo dei leader eletti, che ambiscono a conquistare spazi di potere sempre maggiore. Occorre prendere posizione con coraggio su una serie di sintomi, espliciti indicatori di un cancro della nostra democrazia». Da questa forte provocazione prende le mosse la riflessione di un grande protagonista e testimone della storia politica italiana, che con sguardo lucido lancia un allarme sulle derive istituzionali in atto nel nostro Paese, in Europa e nell'intero Occidente. Pungolato dalle domande di Chiara Tintori, padre Sorge denuncia la superficialità con cui l'attuale politica, ossessionata dal consenso, affronta problemi complessi - immigrazione, povertà, disoccupazione - evitando di indagare, con la necessaria competenza, le radici profonde dei mali che affliggono la società italiana. L'antidoto al populismo è per i due autori un "popolarismo" moderno, certamente ancora ispirato all'Appello ai liberi e forti di don Sturzo (1919) - che con straordinaria lungimiranza aveva posto i fondamenti di una "buona politica" e di una "laicità positiva" -, ma capace di declinarsi oggi nelle nostre società multiculturali e multireligiose.»
 
 

A PROPOSITO DEL «FACCENDIERE PIDUISTA DI ARCORE, CAMPIONE DI POPULISMO»!!!

Padre Sorge e il primo populista

di Paolo Pagliaro (© 9Colonne)

«(17 ottobre 2019)  Il gesuita Padre Bartolomeo Sorge, teologo e politologo, è stato tra i protagonisti di una stagione in cui il cattolicesimo democratico ha avuto un ruolo di primo piano nella battaglia politica. Era la stagione dei popolari, ora sostituiti dai populisti.  A questi ultimi Sorge dedica il libro scritto con Chiara Tintori per le Edizioni Terra Santa e intitolato “Perché il populismo fa male al popolo”.  Fa male, scrive Sorge, perché è privo del senso dello Stato, è nemico della laicità positiva, sacrifica l’essere all’apparire, specula sulle paure e sui problemi delle persone, fa dell’altro un nemico. 
Dal maggio 1994 al dicembre 2011, Berlusconi è stato quattro volte presidente del Consiglio e padre Sorge è convinto che sia stato lui a introdurre il populismo nell’Italia repubblicana.
Preoccupato anzitutto di provvedere agli interessi propri e dei suoi sostenitori, Berlusconi – scrive Sorge – provvide a eliminare l’imposta di successione e quella sulle donazioni, a depenalizzare il falso in bilancio, a legalizzare il rientro dei capitali esportati illegalmente all’estero e diede il via a una lunga serie di condoni e di sanatorie. Quindi, per difendere se stesso  e i suoi dalla cosiddetta “persecuzione” della magistratura, tergiversò sulle rogatorie internazionali e sul mandato di cattura europeo, autorizzò la sospensione o il trasferimento dei processi «per legittimo sospetto» e ridusse i termini di prescrizione con l’intento trasparente di salvare l’amico Previti.
Dopo averci restituito un po’ di memoria, Sorge conclude che questa mancanza di senso dello Stato e del bene comune costituisce, appunto, l’essenza del populismo.
»


  


 

venerdì 11 ottobre 2019

IL «DRAMMATICO DESTINO DEI CURDI È ANCHE IL "NOSTRO"»!!!

«COSÌ CI INVENTAMMO IL KURDISTAN (E LO RIFACCIAMO OGGI)»

COME SI EVINCE (ANCHE SE IN ESTREMA SINTESI!) DA QUANTO RIPORTATO QUI SOTTO, LA «TRAGICA QUESTIONE CURDA» RIGUARDA, E FIN DALL'INIZIO, L'INTERA COMUNITÀ INTERNAZIONALE!... PERCHÉ?!?

1) PERCHÉ SONO STATE LE GRANDI POTENZE DELL'EPOCA A "CREARE" L'IDEA DI UNO «STATO CURDO UNITO E INDIPENDENTE», PER POI SUBITO DOPO BOICOTTARLO ("GIOCHINO" IN CUI IN SEGUITO SI SAREBBERO DISTINTE, NATURALMENTE, ANCHE USA E GRAN BRETAGNA! E LA FRASE BUTTATA LÍ IERI DA SS-TRUMP È DAVVERO IGNOBILE: MENTRE INFATTI INFURIAVA LA SECONDA GUERRA MONDIALE, I CURDI STAVANO STRENUAMENTE COMBATTENDO PER LA LORO "PURA SOPRAVVIVENZA, PERALTRO GIÀ CONDANNATI AD UNA «ETERNA DIASPORA»"!);

2) PERCHÉ L'INFAUSTO DESTINO DEL KURDISTAN FU LEGATO FIN DA SUBITO ALLE SUE IMMENSE RICCHEZZE - «DAL PETROLIO ALLE RISORSE IDRICHE» -, CHE STUZZICAVANO E CONTINUANO A STUZZICARE LE VORACI BRAME DI «GRANDI POTENZE E MULTINAZIONALI», TANT'È CHE «OGNI CURDO SENZIENTE VI DIRÀ CHE IL PETROLIO È IN REALTÀ LA VERA E PROPRIA MALEDIZIONE DEL SUO POPOLO»;

3) PERCHÉ «NEL TERRIBILE DRAMMA DI QUESTO FIERO POPOLO, PER INCLINAZIONE PACIFICO, TOLLERANTE E MERAVIGLIOSO, POSSIAMO LEGGERE, IN FILIGRANA, IL DRAMMA DELL'UMANITÀ INTERA, CHE A CAUSA DEGLI "AVIDI INTERESSI DEI POCHI", VEDE QUOTIDIANAMENTE FRUSTRATE LE SUE MIGLIORI ASPETTATIVE PER UN'ESISTENZA DIGNITOSA E FINANCO, OGGI, LA MESSA IN DISCUSSIONE DELLA SUA STESSA SOPRAVVIVENZA SUL PIANETA CHE LA OSPITA»!
SÍ, NON ABBIAMO DUBBI: «IL GIGANTESCO, INFAME E REITERATO "TRADIMENTO" SUBITO DAL POPOLO CURDO È IL "MEDESIMO TRADIMENTO" SUBITO DA OGNI ESSERE CHE MERITI L'APPELLATIVO DI UMANO»!!!

«Regno Unito, Russia e Francia sobillarono contro gli ottomani il nascente nazionalismo curdo. Il Trattato di Sèvres (1920) sancì il diritto dei curdi a uno Stato indipendente, poi boicottato dalle grandi potenze. Cent’anni dopo, nel Siraq si corre lo stesso rischio.»

«Le poste in gioco economiche e geopolitiche della questione curda, dalle origini al caso Öcalan. Gli equilibri internazionali e le divisioni fra i curdi, insediati soprattutto in Turchia, Siria, Iran ed Iraq, rendono impensabile la creazione di uno Stato pancurdo.»

«Per Kurdistan s’intende comunemente l’area, vasta 450 mila kmq, abitata dalla popolazione di etnia curda, suddivisa tra Turchia, Siria, Iran ed Iraq. Comunità curde si trovano anche in alcune repubbliche ex sovietiche, come l’Armenia e l’Azerbaigian.»

«Se il Kurdistan fosse unito politicamente potrebbe essere lo Stato più ricco del Medio Oriente, considerate le materie prime di cui dispone – dal petrolio alle risorse idriche. Il petrolio infatti viene estratto in tutti e quattro i paesi «curdi». In Turchia è estratto nell’area di Siirt, Raman, Garzan, Diyarbakir. Il Kurdistan turco è inoltre ricco di numerosi minerali, quali fosfati, ferro, argento, lignite, uranio e soprattutto cromo, di cui la Turchia è uno dei maggiori produttori mondiali. In Siria è estratto nell’area di Giazira, con i pozzi petroliferi di Kerashuk, Ramelan, Zarbe, Oda, Sayede e Lelak3; in Iran nella provincia di Kermanshah, nella quale si produce petrolio ad uso interno. In Iran, i curdi sono insediati nelle zone petrolifere di Kirkuk, Mosul e Arbil, dove si concentra il 75% dell’intera produzione irachena. Il petrolio qui prodotto, non avendo accesso diretto al mare aperto, viene trasportato verso il Mediterraneo per mezzo di tre oleodotti: due attraversano la Siria diretti al porto di Banias e a quello di Tripoli in Libano; molto più importante quello che attraversa il Kurdistan turco, lungo circa mille chilometri, che raggiunge le coste mediterranee.»
LE CITAZIONI SONO NELL'ULTIMO NUMERO DI «LIMES»