martedì 19 gennaio 2016

I tre giorni del Condor (Usa 1975) di Sydney Pollack - Sequenza finale

New York, Manhattan, metà anni Settanta. Un commando di sicari, guidato da un killer professionista di nome Joubert (Max von Sydow), irrompe nell'ufficio di una sezione della CIA impegnato in operazioni di OSINT (acronimo delle parole inglesi Open Source INTelligence, è l'attività di raccolta di informazioni mediante la consultazione di fonti di pubblico accesso: si legge e studia attentamente tutto ciò che viene pubblicato a livello mondiale - oggi, ovviamente, compreso quanto appare sul Web - , sulle tracce di individui e gruppi sospetti o pericolosi, trame nascoste, codici segreti...), e fa strage di tutti i presenti. Alla carneficina sfugge però fortuitamente il giovane e brillante Joseph Turner (Robert Redford), nome in codice "Condor": è sceso a comprare la colazione per sé e i suoi colleghi. Scoperto l'eccidio, e sentendosi in grave pericolo (oltretutto sa bene di non potersi fidare di nessuno!), dopo aver vanamente cercato spiegazioni e protezione presso la sede centrale, nella persona del vicedirettore Higgins (Cliff Robertson), Condor, pur disperato, fa una mossa genialmente lucida: sequestra e si rifugia in casa di una perfetta sconosciuta, Kathy Hale (Faye Dunaway). Dopo l'iniziale, più che comprensibile diffidenza, la donna lo aiuterà attivamente a dipanare i fili di quello che si dice “uno sporco complotto”: per assicurarsi il controllo del petrolio, una sezione “deviata” interna alla CIA, capeggiata dall'alto funzionario Atwood, aveva pianificato di far scoppiare una guerra in Medio Oriente, ciò che proprio un dettagliato rapporto di Condor aveva involontariamente smascherato. Così, mentre una parte della CIA (Atwood in testa) aveva assoldato il killer "indipendente" Joubert per eliminare drasticamente ogni possibile collegamento con i responsabili del complotto, viceversa un'altra, per individuarli, aveva non meno cinicamente usato il sopravvissuto Condor come bersaglio mobile.
L'opera, ottimo adattamento dal romanzo “I sei giorni del Condor” (1974) di James Grady, che l'ha anche “sceneggiato”, combina abilmente due “generi cinematografici”, “spionaggio” e “thriller”, ma li supera entrambi ergendosi ad esemplare “parabola politica”. Al centro della vicenda narrata resta infatti la possibilità - tutt'altro che peregrina! - che i servizi segreti, o una parte di essi, sottraendosi ad ogni controllo “democratico”, prendano ad agire secondo finalità e con mezzi “scorretti”, o comunque “non approvati”. Il film ebbe un grande successo, non solo perché magistralmente confezionato da Sydney Pollack e splendidamente interpretato da tre attori che all'epoca erano sulla cresta dell'onda, ma anche e soprattutto perché fu realizzato in un periodo nel quale in buona parte dell'opinione pubblica americana e più in generale occidentale dominava un forte sentimento di avversità nei confronti dell'aggressiva politica estera USA - eclatante la sua massiccia ingerenza in America Latina, di cui il cruento Golpe del 1973 in Cile fu solo un esempio! - nonché delle subdole manipolazioni dell'informazione da parte dell'establishment. Va tenuto ben presente, infatti, che esso uscì nel 1975, in un momento di profonda disillusione dell'americano “medio”, il quale, se proprio in quell'anno assisteva amaramente alla umiliante uscita di scena degli USA dalla terribile guerra in Vietnam, appena un anno prima aveva vissuto il terremoto politico conseguente allo Scandalo Watergate, che aveva travolto l'amministrazione Nixon.
Quella che qui proponiamo è la sequenza finale, in cui un Turner/Condor (momentaneamente!) fuori pericolo va ad un incontro col vicedirettore Higgins, e gli chiede ulteriori spiegazioni circa le ragioni di quanto successo e le prospettive del piano/complotto CIA (qui la “Compagnia”), apparentemente 'abortito'. Il dialogo fra i due merita la massima attenzione, in quanto rappresenta in modo emblematico DUE VISIONI DEL MONDO DECISAMENTE CONTRAPPOSTE E INCONCILIABILI: QUELLA DEI «CITTADINI CONSAPEVOLI», CHE RIVENDICANO CON FORZA IL «DIRITTO DI PARTECIPARE DEMOCRATICAMENTE» ALLE SCELTE FONDAMENTALI IN AMBITO SOCIO-POLITICO ED ECONOMICO, E QUELLA DI «TALUNI APPARATI DI POTERE», I QUALI, NASCONDENDOSI DIETRO LA SCUSA DI PERSEGUIRE IL «BENE COMUNE», IN REALTÀ È «NELL'INTERESSE DI POCHI», E «SULLA PELLE DI TUTTI», CHE FANNO I LORO «SPORCHI GIOCHI E SANGUINOSI ESPERIMENTI DI CARATTERE SOCIO-POLITICO ED ECONOMICO»!

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