Alberto Sordi (Roma, 15 giugno 1920 - Roma, 24 febbraio 2003),
“Albertone” per il grande pubblico, non ha certo bisogno di
presentazioni: per lui parla, eccome!, la miriade di film spessissimo
interpretati da protagonista, e sempre con “superba versatilità”. E si
tratta di film che, in buona parte, hanno dato un contributo decisivo
alla storia del cinema italiano. Qui ci possiamo perciò accontentare di
rendergli fugacemente un triplice omaggio: alla sua “romanità”, che lo
colloca all'altezza di una Anna Magnani e di un Aldo Fabrizi; alla sua
“inconfondibile maschera”, che insieme (e a volte a fianco, sullo stesso
set) a quelle di Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni, Vittorio
Gassman, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi ha dato un apporto fondamentale a
quell'originale 'genere cinematografico' nostrano che è stata la
“commedia all'italiana”; alla sua “straordinaria popolarità”,
definitivamente consacrata quando, a partire dal 1979, collaborò con
Giancarlo Governi alla realizzazione della celebre trasmissione
televisiva “Storia di un italiano”, nella quale, attraverso una
selezione tematica di spezzoni dei suoi innumerevoli film, si
tratteggiava mirabilmente il 'carattere' di un certo 'italiano medio',
coi suoi (pochi) pregi e i suoi (molti) difetti.
Oltre ad essere stato un ottimo doppiatore e un brillante sceneggiatore, Albertone si è cimentato anche con la regia, dirigendo (e naturalmente interpretando) una ventina di pellicole dagli esiti, va detto, non sempre felici. Decisamente riuscita, in ogni caso, è senz'altro una “commedia amara” del 1974, “Finché c'è guerra c'è speranza”, che potremmo sottotitolare: “Avventure e disavventure di un «mercante di morte»”. Partito da zero, il commerciante internazionale di armi Pietro Chiocca, anche grazie ad una serie di operazioni spericolate quanto spregiudicate (e spesso illecite!), è ormai all'apice della carriera, quando un clamoroso editoriale del “Corriere della sera” lo espone non soltanto alla (ipocrita) riprovazione pubblica, ma anche a quella (non meno ipocrita!) della sua famiglia (che vive alla grande proprio grazie ai suoi sporchi traffici!), ciò che lo tocca davvero nel profondo. Tutto 's'aggiusta'. Come splendidamente viene rimarcato nella sequenza finale che qui presentiamo, dinanzi alla sua ferma minaccia di 'auto-dimettersi' lo sdegno dei congiunti svanisce come neve al sole!
Quasi superfluo sottolineare la «stringente attualità» del tema GUERRA, con tutto il suo portato, in primis, di “destino tragico e atroce per molti”, e viceversa, di “occasione di incredibile quanto spregevole arricchimento per pochi”. Tuttavia, al di là delle “materie specialistiche appannaggio di studiosi, analisti e strateghi” (ad es.: il dato di fatto che in regime di CAPITALISMO PREDATORIO in via di GLOBALIZZAZIONE paiono agevolmente acuirsi le controversie geo-politiche, la frenetica corsa all'accaparramento di risorse energetiche, materie prime e BENI COMUNI come acqua e terra, la necessità di smaltire armamenti più o meno obsoleti nel mentre ne vengono prodotti a ritmo più o meno forsennato sempre di nuovi, i clamorosi fallimenti delle diplomazie che finiscono in genere, inevitabilmente, per lasciare l'ultima parola alle bombe, le micidiali crisi economico-finanziarie che sovente sembrano cinicamente trovare nei conflitti armati la più agevole delle vie d'uscita, la volontà, a dir poco discutibile, di «esportare la - spesso 'presunta'! - democrazia»...), al di là delle “variazioni tutt'altro che indifferenti degli scenari-teatri di guerra” (l'altro ieri lontani, pressoché confinati nel c.d. Terzo Mondo, ieri piuttosto ravvicinati, ad es. nella ex Jugoslavia, OGGI QUASI OVUNQUE!), a noi preme soprattutto tornare a porre con forza la QUESTIONE DELLE QUESTIONI, esemplarmente sollevata nella sequenza in oggetto: «CHI», IN ULTIMA ANALISI, È «RESPONSABILE DELLE GUERRE»?!? Una risposta, VINCOLANTE PER NOI TUTTI, NESSUNO ESCLUSO!, l'ha data 'indirettamente' quanto 'polemicamente' il grande storico Franco Cardini, e noi chiudiamo volentieri con lui: «Non si può sul serio marciare per la pace mentre il nostro motorino, la nostra maglietta, le nostre scarpe, i soldi che abbiamo in tasca, marciano invece compatti per la guerra.»
Oltre ad essere stato un ottimo doppiatore e un brillante sceneggiatore, Albertone si è cimentato anche con la regia, dirigendo (e naturalmente interpretando) una ventina di pellicole dagli esiti, va detto, non sempre felici. Decisamente riuscita, in ogni caso, è senz'altro una “commedia amara” del 1974, “Finché c'è guerra c'è speranza”, che potremmo sottotitolare: “Avventure e disavventure di un «mercante di morte»”. Partito da zero, il commerciante internazionale di armi Pietro Chiocca, anche grazie ad una serie di operazioni spericolate quanto spregiudicate (e spesso illecite!), è ormai all'apice della carriera, quando un clamoroso editoriale del “Corriere della sera” lo espone non soltanto alla (ipocrita) riprovazione pubblica, ma anche a quella (non meno ipocrita!) della sua famiglia (che vive alla grande proprio grazie ai suoi sporchi traffici!), ciò che lo tocca davvero nel profondo. Tutto 's'aggiusta'. Come splendidamente viene rimarcato nella sequenza finale che qui presentiamo, dinanzi alla sua ferma minaccia di 'auto-dimettersi' lo sdegno dei congiunti svanisce come neve al sole!
Quasi superfluo sottolineare la «stringente attualità» del tema GUERRA, con tutto il suo portato, in primis, di “destino tragico e atroce per molti”, e viceversa, di “occasione di incredibile quanto spregevole arricchimento per pochi”. Tuttavia, al di là delle “materie specialistiche appannaggio di studiosi, analisti e strateghi” (ad es.: il dato di fatto che in regime di CAPITALISMO PREDATORIO in via di GLOBALIZZAZIONE paiono agevolmente acuirsi le controversie geo-politiche, la frenetica corsa all'accaparramento di risorse energetiche, materie prime e BENI COMUNI come acqua e terra, la necessità di smaltire armamenti più o meno obsoleti nel mentre ne vengono prodotti a ritmo più o meno forsennato sempre di nuovi, i clamorosi fallimenti delle diplomazie che finiscono in genere, inevitabilmente, per lasciare l'ultima parola alle bombe, le micidiali crisi economico-finanziarie che sovente sembrano cinicamente trovare nei conflitti armati la più agevole delle vie d'uscita, la volontà, a dir poco discutibile, di «esportare la - spesso 'presunta'! - democrazia»...), al di là delle “variazioni tutt'altro che indifferenti degli scenari-teatri di guerra” (l'altro ieri lontani, pressoché confinati nel c.d. Terzo Mondo, ieri piuttosto ravvicinati, ad es. nella ex Jugoslavia, OGGI QUASI OVUNQUE!), a noi preme soprattutto tornare a porre con forza la QUESTIONE DELLE QUESTIONI, esemplarmente sollevata nella sequenza in oggetto: «CHI», IN ULTIMA ANALISI, È «RESPONSABILE DELLE GUERRE»?!? Una risposta, VINCOLANTE PER NOI TUTTI, NESSUNO ESCLUSO!, l'ha data 'indirettamente' quanto 'polemicamente' il grande storico Franco Cardini, e noi chiudiamo volentieri con lui: «Non si può sul serio marciare per la pace mentre il nostro motorino, la nostra maglietta, le nostre scarpe, i soldi che abbiamo in tasca, marciano invece compatti per la guerra.»
Nessun commento:
Posta un commento