COL «MANIFESTO DI VENTOTENE», L'ITALIA FU "MADRINA" DI UNA «VERA EUROPA FEDERATA»!!!
Nel presente articolo (si sarà compreso che tentiamo di portare avanti,
sull'Europa, un 'unico' discorso, coerente ed organico), abbiamo
sottolineato come siano stati proprio i «nazionalismi fanatici e
fatalmente intrisi di colonialismo» (da non confondere mai col «sano
amor di patria»!) a culminare nelle due guerre mondiali che hanno
devastato il pianeta intero. Ebbene, nell'elencare le maggiori nazioni
europee afflitte più o meno secolarmente dal «tremendo virus dello
sciovinismo», si sarà (forse) notato che abbiamo omesso (utilizzando ad
hoc i puntini di sospensione) il nostro Paese, l'Italia. Non è certo un
caso, giacché all'Italia, la nostra amata patria, volevamo dedicare uno
spazio a parte: questo. Singolare e contraddittorio destino quello del
Bel Paese, erede di uno dei maggiori imperi dell'antichità, a sua volta
erede di quella gloriosa Grecia Classica che, sfaldandosi, aveva
prodotto l'«ellenizzazione» dell'intero bacino del Mediterraneo, facendo
di questo una vera e propria «culla di civiltà» (tant'è che se
dovessimo scegliere un fondamento della «civiltà europea» stessa, è
proprio nell'«ellenismo» che lo individueremmo). Ridotto, sotto il profilo
storico-politico, a ben poca cosa (frammentato com'era in staterelli
dominati da Signorie in perenne, feroce conflitto fra loro), il
territorio italiano, unico per bellezze naturalistiche, artistiche ed
archeologiche, è stato per secoli invaso e dominato da potenze
straniere, ciò che non gli ha comunque impedito, valorizzando al massimo
il proprio glorioso patrimonio ideale, di ergersi a 'faro di civiltà',
donando al mondo due delle maggiori rivoluzioni artistico-culturali mai
apparse nella storia: l'Umanesimo e il Rinascimento. In ogni caso,
raggiunte faticosamente, seppur fra luci e ombre (una per tutte: il
cronico, pesante squilibrio socio-economico fra Nord e Sud, su cui
esiste ormai una sterminata bibliografia), l'indipendenza nazionale e
l'unità statuale (1861, ma l'annessione di Roma è come noto, del 1870),
il neonato Regno d'Italia non perse tempo nel tentare di allinearsi alle
politiche di potenza delle altre nazioni europee, e, anche per eludere
le proprie notevoli contraddizioni interne (sanguinosissime e laceranti,
come ci ricorda, fra gli altri, Carlo Alianello nel suo splendido La
conquista del Sud. Il Risorgimento nell'Italia meridionale, Rusconi,
Milano 1972) si gettò a corpo morto nelle avventure coloniali, alla
spasmodica ricerca del proprio 'posto al sole'. Di qui alle smanie
'interventiste' del devastante primo conflitto mondiale, frutto anche di
un cinico calcolo delle classi dirigenti, decise a spezzare la marea
montante delle legittime rivendicazioni delle masse operaie e contadine
(ridotte a «carne da cannone»!), non v'è che un passo. Meccanismo,
peraltro, destinato a perfezionarsi poco dopo, quando la
controrivoluzione del totalitarismo fascista, per natura autoritario al
proprio interno quanto aggressivo verso l'esterno, agguantato il potere
grazie alle complicità e al supporto incondizionato della Corona, delle
gerarchie ecclesiastiche e dei potentati economici (vedi Ernesto Rossi, I
padroni del vapore. La collaborazione Fascismo-Confindustria durante il
Ventennio, Laterza, Bari 1955), rilancia alla grande l'epopea
coloniale, nell'insana, megalomane speranza di rinverdire antichi fasti
imperiali.
Sappiamo bene come è andata a finire, e certo non solo per
l'«Italietta autarchica», ma per il mondo intero: uno sfacelo. Ma è per
noi sintomatico che nel 1941, preconizzando le imminenti macerie, siano
stati proprio due antifascisti italiani al confino, eredi della «grande
tradizione umanistica» e figli della «migliore cultura socialista», a
gettare le basi di un futuro globo 'davvero' pacificato, individuandole
nell'ineludibile progetto politico di un'Europa Federata, «solidale e
cooperante». 'Superato' il loro magnifico Manifesto? Sbagliato.
Bisognerebbe prima 'raggiungerlo'! Si legga attentamente qui: “La linea
di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade (…)
ormai (…) lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che
concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la
conquista del potere politico nazionale – e che faranno, sia pure
involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando
solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio
stampo, e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come
compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che
indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato
il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento
per realizzare l'unità internazionale” (Altiero Spinelli e Ernesto
Rossi, Il Manifesto di Ventotene, Mondadori, Milano 2006, p. 28).
http://it.blastingnews.com/opinioni/2017/04/il-manifesto-di-ventotene-ritorno-al-futuro-001595963.html
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