venerdì 7 aprile 2017

ATTUALITÀ DEL «MANIFESTO DI VENTOTENE».

COL «MANIFESTO DI VENTOTENE», L'ITALIA FU "MADRINA" DI UNA «VERA EUROPA FEDERATA»!!!
Nel presente articolo (si sarà compreso che tentiamo di portare avanti, sull'Europa, un 'unico' discorso, coerente ed organico), abbiamo sottolineato come siano stati proprio i «nazionalismi fanatici e fatalmente intrisi di colonialismo» (da non confondere mai col «sano amor di patria»!) a culminare nelle due guerre mondiali che hanno devastato il pianeta intero. Ebbene, nell'elencare le maggiori nazioni europee afflitte più o meno secolarmente dal «tremendo virus dello sciovinismo», si sarà (forse) notato che abbiamo omesso (utilizzando ad hoc i puntini di sospensione) il nostro Paese, l'Italia. Non è certo un caso, giacché all'Italia, la nostra amata patria, volevamo dedicare uno spazio a parte: questo. Singolare e contraddittorio destino quello del Bel Paese, erede di uno dei maggiori imperi dell'antichità, a sua volta erede di quella gloriosa Grecia Classica che, sfaldandosi, aveva prodotto l'«ellenizzazione» dell'intero bacino del Mediterraneo, facendo di questo una vera e propria «culla di civiltà» (tant'è che se dovessimo scegliere un fondamento della «civiltà europea» stessa, è proprio nell'«ellenismo» che lo individueremmo). Ridotto, sotto il profilo storico-politico, a ben poca cosa (frammentato com'era in staterelli dominati da Signorie in perenne, feroce conflitto fra loro), il territorio italiano, unico per bellezze naturalistiche, artistiche ed archeologiche, è stato per secoli invaso e dominato da potenze straniere, ciò che non gli ha comunque impedito, valorizzando al massimo il proprio glorioso patrimonio ideale, di ergersi a 'faro di civiltà', donando al mondo due delle maggiori rivoluzioni artistico-culturali mai apparse nella storia: l'Umanesimo e il Rinascimento. In ogni caso, raggiunte faticosamente, seppur fra luci e ombre (una per tutte: il cronico, pesante squilibrio socio-economico fra Nord e Sud, su cui esiste ormai una sterminata bibliografia), l'indipendenza nazionale e l'unità statuale (1861, ma l'annessione di Roma è come noto, del 1870), il neonato Regno d'Italia non perse tempo nel tentare di allinearsi alle politiche di potenza delle altre nazioni europee, e, anche per eludere le proprie notevoli contraddizioni interne (sanguinosissime e laceranti, come ci ricorda, fra gli altri, Carlo Alianello nel suo splendido La conquista del Sud. Il Risorgimento nell'Italia meridionale, Rusconi, Milano 1972) si gettò a corpo morto nelle avventure coloniali, alla spasmodica ricerca del proprio 'posto al sole'. Di qui alle smanie 'interventiste' del devastante primo conflitto mondiale, frutto anche di un cinico calcolo delle classi dirigenti, decise a spezzare la marea montante delle legittime rivendicazioni delle masse operaie e contadine (ridotte a «carne da cannone»!), non v'è che un passo. Meccanismo, peraltro, destinato a perfezionarsi poco dopo, quando la controrivoluzione del totalitarismo fascista, per natura autoritario al proprio interno quanto aggressivo verso l'esterno, agguantato il potere grazie alle complicità e al supporto incondizionato della Corona, delle gerarchie ecclesiastiche e dei potentati economici (vedi Ernesto Rossi, I padroni del vapore. La collaborazione Fascismo-Confindustria durante il Ventennio, Laterza, Bari 1955), rilancia alla grande l'epopea coloniale, nell'insana, megalomane speranza di rinverdire antichi fasti imperiali. 
Sappiamo bene come è andata a finire, e certo non solo per l'«Italietta autarchica», ma per il mondo intero: uno sfacelo. Ma è per noi sintomatico che nel 1941, preconizzando le imminenti macerie, siano stati proprio due antifascisti italiani al confino, eredi della «grande tradizione umanistica» e figli della «migliore cultura socialista», a gettare le basi di un futuro globo 'davvero' pacificato, individuandole nell'ineludibile progetto politico di un'Europa Federata, «solidale e cooperante». 'Superato' il loro magnifico Manifesto? Sbagliato. Bisognerebbe prima 'raggiungerlo'! Si legga attentamente qui: “La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade (…) ormai (…) lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale – e che faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale” (Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, Il Manifesto di Ventotene, Mondadori, Milano 2006, p. 28).
 http://it.blastingnews.com/opinioni/2017/04/il-manifesto-di-ventotene-ritorno-al-futuro-001595963.html

Nessun commento:

Posta un commento